Prima invernale Bonatti al Maudit

Vent’anni fa avvenne…

La passione per l’arrampicata invernale, il riscoprire le Alpi sotto un altro aspetto, completamente diverso e assai più selvaggio di quello estivo. Un mondo siderale, un pianeta dominato dal gelo e dalla solitudine. Per noi che non potevamo permetterci costose spedizioni in giro per il globo era la grande occasione a portata di mano per vivere avventure intense ed impegnative, fini a se stesse, al puro piacere di godere della libertà e solitudine offerta da questi grandi spazi.

Salgo a Courmayeur con la mia Dyane, la tenace 600 fa miracoli, a Prè Saint Didier il Monte Bianco mi appare nella sua maestosità, non mi son mai abituato a questo spettacolo, tutte le volte è come fosse la prima.

Un’invernale comincia sempre con un grosso sacco, scendiamo con gli sci i pendii sotto Punta Helbronner, ai piedi i normali scarponi da montagna, sulle spalle il peso greve dello zaino, invidio Amabile che scia meglio di me e dà l’impressione di faticare meno. Attraverso il Cirque Maudit arriviamo alla crepaccia della Fourche, lì abbandoniamo gli sci, domani alcuni amici li preleveranno e ce li faranno trovare alla base del Tacul lungo la via di discesa.

L’avventura inizia a prender forma, saliamo il canale ripido e ghiacciato che ci porta alla Fourche de la Brenva, giunti in cresta uno spettacolo meraviglioso ci accoglie, il versante est del Monte Bianco, l’immensa parete della Brenva è lì davanti a noi, a portata di mano.

Una calata ci deposita sul ghiacciaio, siamo in uno dei luoghi più selvaggi delle Alpi e per giunta in pieno inverno, recuperiamo la corda doppia, il dado è tratto.

Procediamo nel grande pianoro ghiacciato in direzione della parete, che è sempre più vicina, la prospettiva ne distorce le proporzioni e sembra quasi più breve. Nel pomeriggio iniziamo a salire, verso la grande crepaccia terminale, abbiamo deciso per la tecnica no-stop, da quando siam partiti circa sei ore fa da punta Helbronner non abbiamo ancora fatto soste.  La crepaccia si risolve con un muro di ghiaccio grigio verticale, poi pendii che alternano roccia, ghiaccio e neve ci portano al centro del grande canalone, il vento rinforza sollevando raffiche di tormenta, è quasi buio, senza tante cerimonie, fissiamo un paio di chiodi, scaviamo un gradino nel ghiaccio e ci apprestiamo al bivacco. Appesi ai chiodi con la corda che esce dal sacco a pelo impedendoci di chiuderlo ermeticamente siamo esposti alla tortura di piccole slavine di neve polverosa che entrano nel sacco ci bagnano e ci gelano per tutta la notte. La mattina la situazione appare drammatica, le previsioni erano buone, ma la tempesta di vento ha colpito improvvisamente il Monte Bianco, noi siamo come due microbi a metà della parete, siamo in trappola. L’ unica uscita ci sembra verso l’alto, non siamo in grado di fondere la neve per farci da bere, mangiare non se ne parla nemmeno, dopo la notte più lunga inizia la giornata più lunga della mia vita.

Abbiamo ancora circa 350 metri di sperone roccioso con difficoltà fino al 5° e misto difficile, vento a più di 100 km all’ora, temperatura -30. I tiri si susseguono, saliamo frastornati dalla tempesta, il ghiaccio ricopre i nostri volti, ci incolla le ciglia, ci impedisce di respirare, tuttavia la nostra preparazione ci permette di continuare, siamo in difficoltà, ma non allo sbando. Supero un enorme cornice di neve e sbuco a 4300 metri al Col della Brenva, il vento è un pò calato, la visibilità è nulla. Sbagliamo la discesa e finiamo nel canalone che porta all’ Anciene Passage, siamo suonati come pugili, non abbiamo scelta dobbiamo risalire, l’intera notte va spesa per tornare al punto di partenza, son 24 ore che non mangiamo e beviamo nulla. Sbuchiamo nuovamente al Col de la Brenva a pochi metri dal punto abbandonato 12 ore fa, albeggia, il vento si calma. Seduti sugli zaini finalmente possiamo farci qualcosa di caldo da bere. Il tempo si rimette al bello, scendiamo dal Maudit, risaliamo il Tacul ed iniziamo a scendere il valangoso versante nord che dovrebbe portarci al Col du Midi, un seracco dispettoso ci obbliga ad una laboriosa calata ancorati ad un precario fungo di neve, vediamo già gli sci che ci attendono al colle. Arriviamo al sole, la temperatura è sui -10° a noi sembra caldo rispetto all’ inferno vissuto, abbiamo l’adrenalina in circolo, non sentiamo più la fatica, anzi siamo un po’ euforici. Una persona normale a questo punto potrebbe averne abbastanza, noi no, decidiamo di scendere la Vallèe Blanche con gli sci e rientrare da Chamonix. Equipaggiati con normali scarponi da montagna, stanchi e con gli zaini pesanti, iniziamo a percorrere il noto itinerario, che al momento è in pessime condizione. Tuttavia bene o male raggiungiamo Chamonix.

Guida alpina Gianni Lanza

Mont Maudit m. 4468, Parete Est, Via Giannina, D+, passaggi di 5°, misto, 700 metri
Walter Bonatti, Andrea Oggioni, Bruno Ferrario il 20 settembre 1959
Prima invernale: Amabile Ramella e Gianni Lanza il 28, 29, 30 gennaio 1992

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