Grandes Jorasses Parete Nord nel 1990
La Parete Nord delle Grades Jorasses per lo Sperone Walker nel 1990
Lo Sperone Walker alla Nord delle Grandes Jorasses, il mito di ogni alpinista.
Il racconto della Guida Alpina Gianni Lanza
Era il 1990, la Parete Nord delle Grandes Jorasses era stata vinta nel 1938 dalla cordata guidata da Riccardo Cassin 52 anni prima; dall’esser la parete più difficile del mondo era passata ad esser considerata una classica, sebbene di alta difficoltà.
In quel periodo raccoglievo i frutti venuti dall’aver dato vita anni prima ad una piccola scuola di alpinismo. Nella mia testa era maturata l’idea di un alpinismo sociale e si faceva timidamente strada il concetto di montagna per tutti che avrei poi sviluppato negli anni a venire.
Presi la decisione di attaccare lo sperone Walker in un di gruppo di sei persone composto da quelli che allora erano i miei amici. Era un’estate con condizioni molto buone e tempo stabile, il grande sperone era preso d’assalto. Come la corteccia di un albero era percorso di continuo da una fila di cordate che sembravano formiche e ne salivano le coriacee placche in una specie di gara senza classifica né podio.
Anno 1990: conosco già in parte la parete per averne percorso il primo terzo anni prima. Questo è un piccolo vantaggio che ci permette in piena notte di esser veloci, ma dopo il diedro Allain iniziamo a trovar cordate lente. Gente che aveva bivaccato in parete e bloccava la progressione: inevitabilmente da dietro veniamo raggiunti da altre cordate e la salita prosegue in una situazione apocalittica, tra urla e ingorghi di tutti i tipi. Inoltre, qualche bonario frigorifero decide di staccarsi dalla cresta e piomba rombando su di noi miseri insetti.
Dopo il diedro di 75 metri le cose si stabilizzano ma abbiamo perso tempo prezioso, siamo due cordate da tre, proseguiamo bene autonomi e veloci. Giunti alla Torre Rossa il meteo cambia: temporale, tuoni e fulmini, neve a larghe falde. Passiamo un muro difficile e proseguiamo su canali con neve e rocce rotte; viene notte quindi ci sediamo su una cengia, così senza tante cerimonie facciamo passare il tempo sotto la neve che cade copiosa, in silenzio ognuno rinchiuso nei suoi pensieri, tuttavia riesco a dormire.
Alla mattina il cielo è sereno, la parete è ghiacciata, brilla di verglass, così decidiamo di fare un’unica cordata da sei. Senza parlare calzo i ramponi e salgo, dopo quattro tiri, sbuco sulla cima inondata di sole.
Col senno del poi fu un’esperienza alla fine poco positiva, la montagna aveva perso la sua solitudine, la scalata si era rivelata una corsa prendendo e dando gomitate a gente che faceva di tutto per arrancarsi e aggiungere questo trofeo al proprio carniere. Anche l’idea di alpinismo sociale fallì a seguito di piccole miserie e invidie che spesso inquinano gli ambienti sportivi. In quell’occasione decisi che se mai avessi ancora cercato una grande avventura, questa sarebbe stata in pieno inverno, dove le condizioni dettate dalla severità della stagione rendono la montagna deserta.
Guida alpina Gianni Lanza
La storia della parete
La Nord delle Grandes Jorasses, insieme alla Nord dell’Eiger, furono considerate le pareti più difficili del mondo, entrambe vinte nel 1938 dai campioni di due nazioni accomunate da un identico destino.
Questa parete non richiede unicamente capacità tecniche, ma per salirla è necessario avere una completa formazione in campo alpinistico.
Non esiste descrizione migliore di quella che dà il grande Georges Livanos nel suo libro “Al di là della Verticale”
Sulla parete Nord delle Grandes Jorasses, sui mille duecento metri dello Sperone Walker, solo due o trecento metri sono davvero molto difficili. In compenso c’è tutto il resto, ed è lì che entra in scena la differenza tra l’arrampicatore da palestra e lo scalatore vero. Se la Walker avesse comportato solo quei trecento metri difficili non sarebbe stata la Walker. Forse per molti lo è stata proprio a causa di quei trecento metri, per noi invece a causa degli altri 900. In fondo in nostro handicap era il “facile”.
Prima salita
La prima salita è di Riccardo Cassin, Gino Esposito e Ugo Tizzoni.
I tre lecchesi salgono la parete che non avevano neppure mai visto tutta di un fiato. In barba a tutti i più grandi alpinisti dell’epoca che continuavano a far tentativi puntualmente arrestati dalle “condizioni”, queste benedette condizioni che hanno condizionato anche personaggi che normalmente potevano apparire poco condizionabili.
Nello stesso periodo tentano la via Pierre Allain, Giusto Gervasutti, Armand Charlet, che erano i big dell’alpinismo mondiale, ma tutti subiscono lo scacco di queste condizioni che non andavano mai in condizione.
Cassin ed il suo team arrivano alla base della parete, si organizzano, partono, e dopo tre giorni, il 6 agosto 1938 sono in cima. L’equipaggiamento tecnico utilizzato all’occhio del moderno scalatore marchiato ed azzimato potrebbe sembrare ridicolo.
Prima invernale
Negli anni ’60 la competizione tra i più grandi alpinisti si direziona verso l’alpinismo invernale. Salire per primi in inverno una grande parete era diventato l’obbiettivo principale. La prima ad esser vinta nella stagione fredda è la Nord dell’Eiger, dalla cordata tedesca composta Toni Kinshofer, Anderl Mannhardt, Walter Almberger e Toni Hiebeler, poi tocca alla Nord del Cervino, vinta dagli svizzeri Hilti Von Almen e Paul Etter. Queste due pareti, avendo difficoltà soprattutto glaciali e miste, in inverno pur con il freddo atroce potevano esser salite tenendo quasi sempre le mani nei guanti, tanto è vero che le suddette pareti al giorno d’oggi vengono percorse molto spesso in condizioni invernali.
Per le Jorasses la suonata è diversa, lì si arrampica prevalentemente su roccia con difficoltà assai elevate, dove non sempre è possibile salire con le mani protette dai guanti: quella che a chi non conosce la materia può sembrare una banalità, in realtà è una delle massime problematiche legate a questa via in invernale. La prima invernale riesce alla cordata di Walter Bonatti e Cosimo Zappelli il 25-30 gennaio 1963 con 6 bivacchi in parete, seguito dopo pochi giorni da Renè Desmaison e Jacques Batkin detto “Farine” che escono dalla via in condizioni difficili tra la bufera.
Prima solitaria
Nel 1968 il problema formidabile come la salita in solitaria dello Sperone Walker è ancora lì sotto gli occhi di tutti. La parete nord è posta proprio sopra Chamonix, la capitale mondiale dell’alpinismo, frequentata da tutte le star del momento. Tuttavia, la salita è appannaggio di un uomo venuto dal mare, il genovese Alessandro Gogna, con una classe e una purezza di stile fuori dal comune la percorre l’8 luglio 1968, arrampicando quasi sempre slegato. Una specie di free-solo ante litteram su una delle pareti più difficili e pericolose delle Alpi.
Riflessioni personali
La parete è nel gruppo del Monte Bianco in territorio francese, sopra Chamonix, dove l’elite dell’alpinismo mondiale (Inglesi e Francesi) la facevano da padrone: lo sanno tutti che da quelle parti i grandi nomi non brillano per modestia. Non vorrei sembrare nazionalista ma non riesco a non provare orgoglio nel constatare che a partire da Cassin, Esposito e Tizzoni con la prima salita, poi Bonatti e Zappelli con la prima invernale ed infine Gogna con la prima solitaria, sono tutti italiani, questi italiani che in giro per le Alpi son spesso stati considerati piccoli, ma che in realtà pur partendo svantaggiati si sono rivelati dei giganti.
Guida alpina Gianni Lanza
LINK INTERNI
– Guarda la relazione della Via Cassin allo Sperone Walker sul nostro sito gemello www.vielunghevalledaosta.com