Prima invernale Gran Capucin Parete Nord
Era il gennaio del 1989
La parete nord del Gran Capucin (Monte Bianco) era la classica via evitata da tutti, difficile, in ombra, non attrezzata e soprattutto che non dava assolutamente niente in termini di pubblicità, a fronte dell’enorme sforzo per salirla. Aperta nel ’55 dai fortissimi Paragot e Berardini, in più di trent’anni non contava che tre ripetizioni, tutte in estate. Questi elementi stimolavano assai la mia fantasia, così con i postumi del capodanno ancora freschi, in compagnia del mio allievo prediletto, Carlo Gabasio, partiamo verso il Monte Bianco, coscienti di dover affrontare un osso molto duro. La prima funivia ci deposita a Punta Helbronner, siamo decisi per la tecnica no stop, abbiamo un equipaggiamento leggero, poco cibo, poco gas. Senza sosta raggiungiamo la base della parete, che tutto sommato è già cosa di qualche impegno. Senza cerimonie ci prepariamo e immerso nell’ombra e nel gelo della parete nord inizio a navigare alla meglio su placche e fessure incrostate di verglass. Saliremo fin che fa giorno poi ci fermeremo a bivaccare nel punto ove colti dall’oscurità non potremo proseguire, è la dura regola del gioco che ci siamo scelti. Appesi all’imbrago, appoggiati su una placca inclinata, con la corda che esce dal sacco da bivacco impedendone la chiusura, ci apprestiamo a passare quella che sarà una lunga notte artica, dalle cinque di sera alle otto del mattino. La seconda giornata ci vede impegnati sulla parte più difficile della parete. Salgo una lama dall’aspetto malsicuro, Carlo mi dice che i chiodi appena piantati escono da soli sotto di me, quaranta lunghi angosciosi metri poi una sosta sicura, le energie nervose sono messe a dura prova, la nostra meta è l’unico terrazzino di un metro quadro, che c’è su tutta la parete, lo raggiungiamo al far della sera. Finalmente possiamo sciogliere la neve e far dell’acqua calda, mangiare qualcosa del poco che abbiamo e soprattutto star seduti senza essere appesi, son felice di trovarmi qui, in questo luogo inospitale, sostenuto dall’ energia della volontà, con un ottimo compagno, che anche se alle prime armi si batte benissimo. La notte passa, al mattino partiamo appena fa luce, pochi metri alla nostra sinistra c’è la parete est inondata di sole, noi è già il secondo giorno che siamo all’ombra, ma come ci diranno gli “amici”, è un inverno caldo. Attacco un diedro, oggi sono inarrestabile, poi ancora placche ghiacciate ed infine siamo sotto al cappuccio che dà il nome al magnifico obelisco, un tiro di misto ed eccoci in cima, finalmente al sole, gli occhi non più abituati piangono, forse è anche gioia ed emozione. È abbastanza presto, l’ansia di scendere veloci ci fa commettere un errore, per due volte devo risalire la corda della prima doppia che rimane incastrata, poi calate senza storia sulla parete sud, arriviamo in tempo per la funivia, tutto mi sembra bellissimo, poetico, quasi irreale.Guida alpina Gianni Lanza
La prima salita della parete nord del Grand Capucin è stata fatta da Lucien Berardini e Robert Paragot nel Luglio del 1955. Date le sue poco invitanti caratteristiche la via non è stata molto ripetuta, in 34 anni solo nuna cordata inglese.
Tratto dalla guida Buscaini TCI del Monte Bianco: la via sale la severa e repulsiva parete nord, su roccia scura e compatta, ma anche con un pericoloso lastrone instabile, fessure spesso ghiacciate. Scalata di 200 metri dura, faticosa, con molti tratti in artificiale. Usati 80 chiodi, ma la via attualmente non è chiodata. Difficoltà ED-.
Noi all’epoca non potevamo permetterci di far spedizioni o altre storie costose così l’avventura l’abbiamo cercata a portata di mano, d’inverno sulle pareti del Monte Bianco, tra le altre una delle più belle è stata proprio la nord del Grand Capucin, dal 2 al 4 gennaio del 1989 in tre giorni di arrampicata con due bivacchi appesi in parete, il tratto più duro una fessura expanding di 40 metri, mentre la salivo Carlo alla sosta vedeva scendere i chiodi lungo la corda.
La salita è stata realizzata da Gianni Lanza e Carlo Gabasio, stile big wall con recupero del sacco, ma niente di tecnologico, sopratutto a livello di cibo, infatti ci siam portati dietro solo un po’ di avanzi del cenone di San Silvestro.
Guida Alpina Gianni Lanza